La pandemia non ha portato alla rivoluzione permanente dell’ecommerce
Durante i lockdown, analisti e aziende avevano previsto un cambio radicale nelle vendite dei prodotti. La scommessa era che le comodità offerte dall’ecommerce avrebbero cambiato per sempre le abitudini dei consumatori. Non è andata così
Forse previsioni sbagliate. Più probabile, un eccesso di ottimismo. Sta di fatto che la rivoluzione dell’ecommerce non c’è stata. Non quella rivoluzione permanente che gli analisti immaginavano che la pandemia avrebbe innescato nel commercio di beni e servizi. Lo dicono i dati. Lo confermano gli studi di settore. Il quando indica che dopo l’onda che ha spinto gli acquisti online, oggi il commercio elettronico sta vivendo la risacca del ritorno alla normalità. Acque in ritirata, ma non senza lasciare traccia nei comportamenti dei consumatori, oramai abituati alla velocità e all’efficienza tipiche dei canali di vendita online.
Una previsione sbagliata
Agli inizi del 2020, quando la maggior parte degli esercenti in ogni angolo del mondo è stata costretta a tenere basse le saracinesche per arginare la diffusione del Covid-19, si è assistito a una crescita dell’ecommerce senza precedenti. Molti analisti avevano immaginato un cambio radicale, e permanete, delle abitudini dei consumatori. Chi sarebbe tornato a comprare nei negozi dopo aver provato la comodità dell’online? Previsione sbagliata. Negli Stati Uniti si sono pubblicati i primi dati sul commercio elettronico prima e dopo la pandemia.
Un’analisi Ubs, riportata da Bloomberg, ha evidenziato che in alcune categorie, come l’abbigliamento, la percentuale di vendite effettuate online è tornata ai livelli precedenti la pandemia. Non solo. Negli ultimi cinque trimestri secondo la crescita delle vendite online è stata inferiore a quella dell’intero settore del commercio al dettaglio. Mentre il rallentamento dell’ecommerce sta avvenendo di pari passo con un altro fenomeno: l’aumento della spesa per viaggi e intrattenimento. Negli Usa almeno.
Liscia (Netcomm): “Trend registrato anche in Italia, ma l’ecommerce è l’11% delle vendite”
E in Italia? “È un trend che avvertiamo anche qui”, spiega a Italian Tech Roberto Liscia, presidente di Netcomm, autorevole bussola dell’ecommerce in Italia.”Una crescita ci sarà anche quest’anno, del 20%. Ma solo l’8% arriverà dalla vendita di prodotti mentre il 59% verrà da altri servizi, come il turismo. La vendita dei prodotti cresce meno dopo aver segnato un +47% nel 2020 e un + 18% nel 2021”. Ma il dato, anche se certifica una contrazione, “non deve trarre in inganno”, aggiunge. “Oggi l’11% di tutti i prodotti acquistati in Italia sono stati venduti online. La percentuale è uguale a quella dello scorso anno. Molti compratori sono oramai abituati a comprare online”, aggiunge Liscia.
Insomma, a oltre un anno dalle riaperture, la nuova propensione oggi è tornare a uscire di casa. La crescita impetuosa dell’ecommerce, che un po’ in tutto il mondo ha registrato tassi di crescita analoghi a quelli registrati in Italia, rallenta. Una fotografia la offre anche l’andamento dei titoli dei colossi del settore a Wall Street. Amazon ha perso il 32% nei primi nove mesi dell’anno, Shopify l’80%, ma anche Airbnb ha perso il 32% in un quadro che vede l’S&P 500 cedere finora il 25% della propria capitalizzazione.
La divisione di vendite online di Amazon, la chiave di volta su cui Jeff Bezos ha costruito il suo impero dell’ecommerce, ha registrato vendite in calo per due trimestri di fila, riporta il Financial Times. Un dato in netto contrasto con il periodo della pandemia, quando la domanda ha raggiunto livelli di crescita record e vendite aumentate del 40%. Il Prime dai straordinario della seconda settimana di ottobre sarebbe da leggere quindi come un tentativo di invertire il trend in calo. Mentre l’abbonamento Prime è salito di 13,9 euro a 49,9 euro l’anno .
Dietro il calo dell’ecommerce, un’opportunità per i canali fisici
Colpa dell’inflazione. Certo. Ha raggiunto livelli mai visti da 40 anni negli Usa e morde anche nel Vecchio Continente. Ma i dati spiegano che la spesa dei consumatori non è crollata. Solo negli Usa la vendita al dettaglio è aumentata dello 0,8%. In Italia, secondo l’Istat, l’aumento a luglio è stato dell’1,3%. Dato in linea con i principali mercati europei.
Ma il ritorno ai canali fisici porta con sé comunque una traccia di quello che è stato durante i periodi di lockdown. “E anche se ritornano ai canali offline i consumatori cercano dai canali di vendita fisici ciò che hanno esperito in quelli online: pagamenti elettronici, velocità di consegna e buona logistica”, aggiunge Liscia, perché “l’online ha alzato l’asticella delle performance”. Un’opportunità per chi ne saprà approfittare in termini di efficienza dei pagamenti e soddisfazione dell’esigenza dei clienti.